Intervista a Norberto Ganci, attivista e comunicatore sociale, autore del programma di contro-informazione politica e culturale El club de la pluma di Carlos Paz, Cordoba, Argentina
a cura di Marco Nieli
- Norberto, come comunicatore e attivista sociale che opera dal punto di vista, secondo me privilegiato, dell’Argentina, ossia del cosiddetto cono sud, quella parte del mondo che oggi si trova in pieno fermento sociale e politico verso la creazione di un’alternativa integrale al capitalismo, come vedi la situazione del Latino-america nel contesto anche della crisi internazionale, che si diffonde dagli Stati Uniti verso l’Europa e le restanti aree del pianeta? Qual è la tua impressione sulla nascita della CELAC e i successi dell’ALBA?
Bene, rispetto alla crisi internazionale, a livello economico-finanziario, il continente Caraibico-americano si trova relativamente ben posizionato.
Fondamentalmente, l’Argentina ha avuto la possibilità di una crescita economica, oltre a riformulare il suo ruolo industriale e agro-esportatore.
Anche il Venezuela, secondo gli indicatori, presenta un panorama favorevole se si confronta con la destabilizzazione finanziaria globale, lo stesso vale per la Bolivia, dal momento che hanno assunto già da tempo un atteggiamento responsabile relativamente alle loro attività produttive e commerciali.
Il Brasile, nonostante il suo potenziale, negli ultimi tempi ha dovuto ricorrere a misure monetarie un tantino arrischiate e complesse, ciò nonostante la sua solidità gli permette di sopportare i colpi provocati dai fallimenti europei.
In riferimento alla CELAC e all’ALBA, è estremamente positivo che questi organismi regionali si stiano consolidando. Era e rimane urgente un consolidamento dell’unione dei nostri paesi, parlo dello spazio caraibico-americano, per fare fronte unito, non solo alla destabilizzazione economico-finanziaria che colpisce l’altra parte del pianeta, ma anche, e soprattutto, allo scopo di coordinare le azioni sul terreno della difesa.
Il latente pericolo di invasione da parte delle forze militari degli Stati Uniti obbliga a ripensare le strategie difensive, incluse quelle relative alla comunicazione.
-Ci sono speranze che l’Argentina nei prossimi anni decida di entrare nell’area dell’ALBA, come lo chiede la campagnaArgentinaalalba? Secondo te, sarà questo governo che potrà portare a questo avvicinamento o l’ Argentina dovrà produrre dei cambi politico-istituzionali in un prossimo futuro? Quale potrebbe essere il ruolo in questo processo dei movimenti sociali e delle iniziative tipo “La Integración”, che inaugurata in Porto Alegre, Brasile?
L’Argentina sta ricevendo da parte dei paesi membri dell’ALBA inviti concreti a definire le sue posizioni. Allo stato attuale, pare che l’Argentina preferisca la cautela piuttosto che assumere misure concrete, al meno in questo campo. I motivi della cautela?… Alcuni li chiamano “tempi politici”… Vedremo nell’immediato futuro come e che decisioni verranno prese.
Vi sono indizi che ci dicono che l’attuale Governo Argentino sarà quello che si distinguerà in relazione a misure e azioni di profondo cambio politico-istituzionale. Di fatto già lo ha dimostrato assumendo responsabilità impensabili in altri periodi.
I movimenti sociali sono indispensabili per l’accompagnamento delle decisioni del Governo. Ciò nonostante, si osservano comportamenti, dalla gran parte dei movimenti sociali legati al Governo, un tantino “prudenti” e “cauti”, quando si tratta di confrontarsi con altri spazi di azione. Ricordiamo che tutti i movimenti sociali, qui e in qualsiasi parte del pianeta, sono costituiti da esseri umani, perfettibili ma anche con profonde difficoltà come ad esempio: il personalismo, l’individualismo, etc. Dal grado di maturazione dall’individuale al collettivo, dipenderanno i ruoli che ci saranno da assumere e i relativi risultati…
-Un tema importante del quale si parla molto oggi in Argentina è la protesta popolare contro la minería, amplificata enormemente dai media in regime monopolico contrari all’oficialismo, cioè al governo (sostanzialmente, il gruppo Clarin), che improvvisamente si riscoprono ambientalisti. In realtà, ci sono state forti repressioni della protesta popolare contro le imprese minerarie in Famatina (prov. di La Rioja), Belén, Tinogasta e Andalgalà (prov. di Catamarca), con tentativi di opporre alle proteste delle comunità altre proteste quanto meno ambigue di minatoripro-minería. Di fatto, in Argentina, come in altri paesi latino-americani (Panama, Peru) si comincia a prendere coscienza di quello che implica la mineria a cielo abierto(estrazione mineraria a cielo aperto, con l’uso di dinamite e decantazione al cianuro, altamente inquinante), che oltre tutto regala circa 20.000 milioni di dollari annuali della ricchezza nazionale alle multinazionali anglo-canadesi (secondo i calcoli di F. P. Solanas), dei quali solo l’1% andrebbe alle province, sarebbe a dire alla collettività. Quello che rimane alle comunità locali è, pertanto, solo lo spreco dell’acqua e l’inquinamento, fenomeni ai quali giustamente le popolazioni cominciano a resistere. Quale è la tua idea in merito e perché si continua a favorire il saccheggio delle risorse argentine, anche dopo la fine dell’era menemista?
Andiamo con ordine: il tema della minería a cielo abiertonon è un tema recente. Noi come Club de la Pluma, dal 2005 stiamo discutendo questa problematica socio-ambientale, quando nessuno parlava del tema, nemmeno i media in regime monopolico di disinformazione.
Bisogna precisare un paio di cose in merito alle repressioni: le stesse sono state realizzate da forze locali, provinciali e/o appartenenti alle imprese minerarie. Lo Stato Nazionale non ha represso le proteste. Ma neppure ha fatto nulla per impedire la repressione, per esempio sulle strade nazionali che sì sono di competenza dello Stato Nazionale.
Bisogna anche precisare che non solo ne La Rioja e in Catamarca esiste la problematica mineraria, ma anche nella maggioranza delle provincie che afferiscono alla Cordigliera delle Ande. I progetti di sfruttamento minerario si sono diffusi lungo la Cordigliera, non solo in Argentina, ma anche in vari altri paesi. È una problematica regionale, non solo dell’Argentina.
Contrapporsi alle miniere, è contrapporsi a un potere che va al di là della nostra semplice comprensione. Ricordiamo che l’Honduras, quando il suo Governo Costituzionale ha preteso prendere misure rispetto all’industria mineraria, ha sofferto il colpo di stato che lo ha destituito, provocando, fino al tempo presente, persecuzioni, assassini, etc.
Credo che quanto su esposto, in ultima istanza, sia il nodo di tutta la problematica.
In relazione ai danni che comporta la minería a cielo abierto, per quanto io non sia uno specialista, tuttavia conoscendo vari lavori al riguardo, credo che bisogna analizzare quale delle alternative estrattive sarebbe la meno dannosa per l’ambiente, dal momento che qualsiasi forma di sfruttamento minerario è inquinante. Ci sarebbe anche da analizzare se sono necessarie tanti sfruttamenti minerari per la vita sul pianeta… dubito che servano a soddisfare la fame di molti abitanti che oggi subiscono questo flagello…
La minería a cielo abierto non solo ha provocato inquinamento e spreco di acqua, ha anche provocato desertificazioni, esodi di popolazioni, disoccupazione, etc.
-Oggi giorno il messaggio che si vuole far passare in Argentina è che la protesta anti-mineraria è una protesta anti-progressista e anti-sviluppo. Ci potresti spiegare meglio come funziona il perverso meccanismo (para)-istituzionale che porta i governatori delle province ad attribuire concessioni a queste mega-imprese straniere per ciò che riguarda lo sfruttamento delle risorse minerarie? L’Argentina non ha una legge che permetta una regolamentazione di questo settore così importante per lo sviluppo sociale in riferimento anche all’ambiente? Perché non si applica e per quale sistema di complicità più o meno profonde? La nazionalizzazione delle risorse sarebbe una soluzione, secondo te e in che forma?
Credo di aver già risposto in parte, però è utile ribadire, che come si è presa la decisione politica di sostituire una legge sui media proveniente dall’epoca della dittatura, questo non si ripete con la legge sulle miniere ereditata dall’epoca nefasta di Menem. Credo che ciò abbia una stretta relazione con ciò che dicevo prima. È la pericolosità di affrontare un potere più forte dei monopoli mediatici…
La nazionalizzazione delle risorse sarebbe chiaramente una soluzione. Ci sarà sufficiente sostegno per prendere una misura di tale portata? Saremo seguiti dai restanti paesi della regione?
E nel caso che si arrivi a questo, non solo nell’area mineraria, ma per tutte le risorse e/o beni naturali dovrebbe avvenire questo passaggio della nazionalizzazione, non solo da parte dell’Argentina, ma da parte di tutti i paesi che integrano il Continente, per fare fronte comune insieme alle conseguenze inevitabili… potremo fare questo salto?
-Un fatto che mi colpisce molto, vivendo nel tuo paese, è come la classe media possa disprezzare tutto ciò che rappresenta l’industria nazionale o nazionalizzata e valorizzi unicamente ciò che viene da fuori. Si sente molto ripetere che in questo paese l’industria pubblica non può funzionare per una generica inefficienza strutturale del popolo argentino, o perché, si dice tutti nel pubblico ruberebbero o trufferebbero. Questa maniera di pensare contraddice ovviamente risultati e conquiste importanti dell’epoca del primo Perón, che ha sviluppato l’aeronautica civile e militare, l’industria del gas e del petrolio nazionalizzate. Di fatto, nel panorama attuale tutti i giorni abbiamo esempi di come l’industria privata sia all’avanguardia della rapina e dell’inefficienza. Sto pensando al disastro ferroviario del passato 23 febbraio nella Stazione Once (linea Sarmiento) della Capitale Federale, dove sono morte 50 persone e sono risultate ferite altre 700. La concessionaria privata di questa ferrovia (il gruppo TBA, dei fratelli Cerigliano) ha ricevuto un sacco di soldi dalla Segreteria del Trasporto negli ultimi anni e non ha realizzato la necessaria manutenzione dei freni, cosa frequentemente denunciata dagli operai e dai sindacati indipendenti (al contrario, sappiamo che i sindacati filo-governativi sono stati cooptati dai poteri forti affinché si coprissero le inadempienze degli accordi). Fuori dall’Argentina, un paese come il Venezuela ha un piano di costruzione di circa 10000 km di linee ferroviarie, tutto come investimento statale e come sostegno all’impiego. Che ti sembra riguardo al tema dell’infrastruttura del trasporto nel tuo paese, in relazione a ciò che accade nei paesi vicini? Quale sarebbe un possibile cambio di direzione, anche recuperando modelli del passato argentino, in una chiave attualizzata?
È un tratto folkloristico che si dica che ciò che è nazionale non serve, è il riflesso delle imposizioni risultato dei meccanismi di dominio a livello mediatico. “Lo statale è inefficiente, il privato è efficiente”. Più o meno così è stato instillato nella coscienza e nell’inconscio collettivo. Quando la realtà storica ci dice chiaramente che non è stato così, almeno sotto molti aspetti.
In relazione al sistema di trasporti, come anche nel campo della minería, dall’epoca menemista si è privilegiato il privato, si sono vendute tutte le imprese dello Stato Nazionale e tra queste il sistema di trasporto ferroviario, provocando il suo smantellamento; lo si è smembrato, alienando i suoi beni, lasciando senza impiego molti lavoratori, lasciando senza vita molte comunità che oggi sono considerate fantasma, tra l’altro.
Uno degli argomenti che furono utilizzati per la sua privatizzazione era il danno economico per lo Stato, cioè che la ferrovia dava perdite… Quando parliamo di “servizi pubblici”, questi, nonostante le eventuali (discutibili) perdite, debbono essere offerti dallo Stato. Un ospedale pubblico non può essere valorizzato per le perdite o profitti economici, deve essere valorizzato per le vite che salva, per l’assistenza ai più bisognosi.
Non possiamo paragonarci con paesi come il Venezuela, dal momento che lì esiste un’altra politica dello Stato con una direzione ben determinata: il Socialismo. L’Argentina non si è espressa in questo senso in nessun momento. È un dettaglio tremendamente importante al momento di imporre politiche sociali statali… Ciò nonostante credo che, come a livello idro-energetico, in campo ferroviario andiamo verso una ri-statalizzazione del sistema, il che dovrebbe combinare la via terrestre e la marittima per confluire in un sistema integrato di trasporto.
-Un altro fattore, di straordinaria importanza, mi sembra quello del debito esterno e dei problemi che ha avuto l’Argentina con le condizioni capestro imposte dall’FMI. In differenti occasioni offerte da El Club de la Pluma, si dedica giustamente un ampio spazio a come è nato storicamente questo debito in Argentina, con l’aiuto di un esperto storico come Nestor Forero. Oggi giorno, molti paesi europei stanno passando per gli stessi processi che voi avete sperimentato (per parlare solo dell’ ultima volta) 10 anni fa: la Grecia è stata ridotta praticamente alla fame per colpa delle condizioni durissime imposte dalla così detta trojka (FMI, BCE e Commissione Europea) in meno di 2 anni; l’Italia, la Spagna e il Portogallo stanno ratificando il così detto ESM (European Stability Machanism) che implica prestiti da parte dell’FMI a tassi scandalosi e come contropartita richiede una “condizionalità” assoluta in termini di riduzione della spesa pubblica (con licenziamenti in massa di impiegati statali, aumento della pressione fiscale, tagli ai sistemi sanitario e formativo, etc.). L’Italia, come ha appena annunciato il Primo Ministro Monti, ha 20 anni di sacrifici davanti (sacrifici soprattutto per le masse lavoratrici, il così detto lavoro dipendente, che già prima sosteneva quasi l’80% dei costi dello Stato). Secondo te, perché si insiste con le stesse ricette che già si mostrarono fallimentari non una ma mille volte? Non credi che ci sia anche una mancanza di informazione corretta da parte della gente, che non sa quello che realmente succede al di sopra delle proprie teste e non si rende conto che il suo destino lo decidono i burocrati oscuri di Bruxelles o New York, senza che la loro sovranità nazionale conti assolutamente nulla? In ultima analisi, non ci sarà un deficit strutturale di democrazia nella fase che stiamo sperimentando tutti quanti dai due lati dell’oceano?
Credo, amico mio, che qui dovremmo parlare del grande debito che abbiamo, noi tutti, i popoli, con noi stessi: “il popolo non è mai stato governo”. Siamo stati e siamo governati dalle oligarchie borghesi. Chi sta al potere nei paesi dell’Europa che attraversano oggi la stessa storia che abbiamo subito noi, sono gli appartenenti al cosiddetto Club Bilderberg, cioè quelli che decidono chi muore e chi vive su questo pianeta. La loro meta è ridurre sostanzialmente la popolazione mondiale. Fino a quando i popoli non assumeranno l’impegno di prendere il potere e di destituire, una volta e per sempre, questi che manipolano le nostre vite e le nostre morti, non ci sarà alcun cambio che ci possa favorire. La questione centrale è chi esercita il potere, e i popoli che, avendo tutto per farlo, non lo esercitano, non lo esercitiamo. Permettiamo che ci manipolino e decidano, come vogliono, la nostra esistenza… Siamo responsabili di non agire…
-Un grande intellettuale e politico italiano, Antonio Gramsci, che nel Latino-america si conosce e studia attraverso la traduzione di due argentini, Aricó e Agosti, nei primi anni ’60, parlava di costruire l’ “egemonia” politico-culturale come progetto di società alternativo al “blocco” capitalista. In questo processo di costruzione, un ruolo fondamentale lo gioca sicuramente l’informazione e, nell’epoca attuale, i media in regime oligopolico che, a livello mondiale, decidono quello che è importante sapere e quello che non lo è, e anche la maniera di saper le cose. Per questo mi sembra imprescindibile cominciare a costruire reti di soggetti comunicatori alternativi, come la Rete di Media Indipendenti in Argentina, che spezzino il monopolio della informazione e comincino a valorizzare la comunicazione dal basso. Di nuovo, nell’ottica dell’integrazione latino-americana. El Club de la Pluma è uno di questi soggetti indipendenti e, come tale, gioca un ruolo fondamentale nello scenario argentino attuale. Quali sono le direzioni future dell’azione comunicatrice del Club e in che direzione si va sviluppando (pragmaticamente parlando) il suo/vostro progetto integrazionista?
Non posso rispondere senza prima ricordare che le costruzioni collettive di comunicazione alternativa, nella loro grande maggioranza sono attraversate da personalismi, da legami politici di partito che impediscono che il collettivo sia questo, collettivo, di tutti, e gli impediscono di essere alternative, copiando i modelli monopolici di comunicazione.
La costruzione egemonica della quale parlava e ancora oggi con la sua eredità ci parla Antonio Gramsci, è quella riferita al gran debito che abbiamo con noi stessi. Un’egemonia lontano dai personalismi e che promuova le azioni collettive pure, senza ingerenze di partito.
Con El Club de la Pluma stiamo lavorando costantemente per raggiungere questo obiettivo, cercando di costruire spazi dove si possano riflettere tutte le voci possibili, dove i pensieri possano trovare accoglienza e riscontro.
Non ci prefissiamo direzioni o mete determinate dal momento che, nella misura che andiamo avanzando, stiamo costruendo, ciò nonostante, durante questo anno 2012 abbiamo vari compiti che ci siamo proposti di realizzare, come per esempio continuare con il nostro progetto comunicazionale alla radio, il consolidamento dei nostri siti web, la presentazione di libri di diversi autori introdotti in contesti scolastici, etc.
Ok, grazie mille, Norberto e buona fortuna per il tuo lavoro politico-comunicazionale e di militante.
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